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È giusto che il presidente di una Repubblica parlamentare e non presidenziale gestisca la crisi di governo seguita alle elezioni giocandovi un ruolo politico, pretendendo di imporre un esecutivo a lui gradito senza tenere nel debito conto il risultato scaturito dalle urne? È legittimo che egli si rifiuti di nominare un ministro che oltre a godere della fiducia delle forze che costituiscono la maggioranza del Parlamento ne rappresenta il simbolo programmatico? È normale che gli organi d'informazione - pubblica come privata - continuino a difendere l'operato del capo dello Stato anche quando sbaglia? Ed è veramente libero quel Paese costretto a subire imposizioni dettate dall'estero? Interrogativi posti dall'interminabile e anomala crisi politica italiana seguita alle votazioni del 4 marzo 2018, il cui complesso sviluppo viene qui ricostruito dedicando una particolare attenzione al ruolo assuntovi dalla rete, con i continui aggiornamenti delle edizioni digitali dei quotidiani, le indiscrezioni dei "retroscenisti", le fibrillazioni dei social network.